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venerdì 21 febbraio 2014

Argine Secchia: rottura non prevedibile

Alluvione nel Modenese, Aipo: "Non era prevedibile la rottura dell'argine"




Ore 17.30 - Proporre alle altre Regioni del Po un radicale riassetto istituzionale di Aipo per migliorarne l'efficacia operativa insieme ad un piano straordinario di mitigazione del rischio sul nodo idraulico di Modena e allo stanziamento di risorse certe e costanti per la cura del territorio. Queste le priorità indicate dagli assessori regionali alla Programmazione territoriale Alfredo Peri e alla Difesa del suolo Paola Gazzolo durante l'audizione.

“Il Piano straordinario per il nodo idraulico di Secchia-Panaro e Naviglio c’è - ha sottolineato l’assessore Peri - adesso occorre realizzarlo in tempi rapidi e certi. Per questo c’è bisogno di risorse immediate, che lo stesso Governo si è impegnato a concedere. Fino ad ora sono già stati finanziati interventi, in corso o da realizzare entro l’anno, per oltre 26 milioni di euro. Ben prima che avvenisse la rottura del Secchia la Giunta regionale ha inviato al Governo un piano di interventi urgenti programmati, con la richiesta di ulteriori finanziamenti per 19 milioni, divenuti poi 21 in seguito all’evento calamitoso. Si tratta di risorse indispensabili per mettere in lavorazione subito ciò che avevamo già pianificato, e che dopo l’alluvione ha un carattere di urgenza ancora maggiore ”.

“Un altro punto su cui è necessario intervenire - ha aggiunto - è Aipo, struttura fortemente indebolita da meccanismi amministrativi e organizzativi che così come sono le tolgono efficacia e tempestività d’azione. Il governo complessivo del sistema territoriale del bacino del Po deve essere una priorità nazionale, per l’importanza che riveste in termini economici, ambientali e sociali non solo per l’Emilia-Romagna. Proponiamo alle altre Regioni del Po e al Governo un nuovo assetto complessivo dei poteri e delle competenze, che risponda ad una logica di migliore efficacia degli interventi, non solo in caso di emergenza, ma anche di gestione ordinaria del territorio”.

Per la cura del territorio servono risorse certe e costanti - ha ribadito Gazzolo - Come Regione stiamo facendo la nostra parte e le nostre scelte politiche sono chiare: nel bilancio 2014 abbiamo destinato 16 milioni di euro alla sicurezza del territorio, ben più degli 11 milioni introitati per il demanio. Inoltre, già prima della rottura dell’argine, abbiamo messo a punto e inviato al Governo il Piano straordinario con la richiesta di finanziamenti per interventi urgenti”. “In Emilia-Romagna - ha concluso Gazzolo - il reticolo idrografico è di 75 mila chilometri quadrati, a fronte dei 46 mila di quelli stradali. Ciò dà l’idea di quanto complesso e articolato sia il sistema di gestione e difesa del suolo, e di quanto sia indispensabile poter contare su finanziamenti sicuri e continuativi. La competenza dei finanziamenti della difesa del suolo è dello Stato, ma noi abbiamo sempre garantito la nostra compartecipazione e continueremo a farlo”.

Ore 16 - La rottura di una parte dell’argine di un fiume “non è prevedibile”. Lungo il Secchia, inoltre, si registra da anni un “incremento di scavernamenti causati dalle tane di animali”.

Questa la relazione del direttore di Aipo Luigi Fortunato nel corso di un’audizione in commissione regionale. “Aipo non ha un’autonomia di bilancio per le manutenzioni, per le quali occorre una programmazione”. Durante l’emergenza nel Modenese, “su di noi c’è stata una baraonda mediatica”.

“La nutria è un animale semiacquatico e fa le tane basse a livello dell’acqua quando il fiume è a regime normale. Volpi, tassi e conigli selvatici sono pericolosi, perché fanno le tane più ampie e passanti, con un innesco di movimento d’acqua che vuota l’argine - ha spiegato - Pur constatando un aumento preoccupante di scavernamenti nei corpi arginali per lo più collegata alla presenza di una serie di animali, non esiste la prova che l’evento del 19 gennaio sia legato a questo".

Per Fortunato, non è possibile attribuire la responsabilità dell’incidente all’operato di Aipo. Sarà l’inchiesta della magistratura a stabilire eventuali responsabilità e “verificare se vi sono stati da parte dell’agenzia e dei suoi dipendenti o funzionari comportamenti tali per cui questo fenomeno avrebbe dovuto essere visto, monitorato, scoperto e contrastato”. "Noi siamo soggetti gestori ed attuatori - ha precisato - quindi operiamo in relazione alla programmazione” che fino a qualche anno fa, prima della cessazione dell’ente Magistrato del Po, veniva fatta direttamente dal ministero.

* * *

"L'audizione in Assemblea legislativa del direttore di Aipo si è trasformata in una fiera delle contraddizioni e dei rimpalli delle responsabilità - commenta il consigliere regionale berlusconiano Andrea Leoni - Ci viene detto che l'evento del 19 gennaio non era prevedibile perchè le criticità in quel tratto di argine crollato non erano state né registrate né monitorate e allo stesso tempo viene evidenziato l'alto livello di precisione raggiunto da Aipo sul piano dell'individuazione e dell'intervento delle criticità delle arginature, anche sulla base delle segnalazioni dei privati e dei frontisti. Se fosse così, la falla che, pur in presenza di un livello di acqua non allarmante, ha fatto collassare l'argine di San Matteo avrebbe dovuto essere individuata. Se fosse così non si spiegherebbe la somma urgenza con cui la Regione ha annunciato un piano straordinario di manutenzione degli argini. Se così fosse oggi Aipo sarebbe in grado di fornire la mappatura e geolocalizzazione degli interventi".

"Poi c'è il capitolo costi - prosegue Leoni - sul quale si consuma il rimpallo delle responsabilità tra Aipo e Regione Emilia Romagna. Dalle parole dei tecnici sono stati accusati, di fatto, Stato e Regione di non investire abbastanza sulla difesa del suolo sulla prevenzione e che i pochi soldi a disposizione sono stati utilizzati solo per la manutenzione degli argini e, con la scusa dei costi elevati e delle procedure più complesse, mai per la pulizia degli alvei. Il tutto all'indomani delle incredibili dichiarazioni dell'Assessore regionale Peri che rappresentando da anni la Regione all'interno di Aipo, dice solo oggi che Aipo deve cambiare".

"In breve, l'audizione che avevo richiesto dei responsabili Aipo ha confermato una cosa: il sistema di monitoraggio e di manutenzione degli argini non ha funzionato e che i problemi erano da tempo. Non si può affermare di avere le responsabilità sul monitoraggio e la manutenzione e la prevenzione del rischio idraulico e poi dire che di fronte a quanto è successo nulla si poteva fare perchè non era prevedibile. Dalle dichiarazioni dei tecnici in audizione il quadro che emerge è assolutamente preoccupante sia per il presente ma anche per il futuro" conclude Leoni.

"Oggi abbiamo finalmente capito di chi sono le responsabilità dell'alluvione di Modena. Anche se si sta cercando di far passare l'evento come eccezionale ed imprevedibile è ormai chiaro a tutti che la Regione, con le sue scelte di programmazione economica, ha di fatto abbandonato il tema della prevenzione e del dissesto idrogeologico, contribuendo ad aggravare una situazione già compromessa da tempo - commenta Giovanni Favia, consigliere regionale indipendente - L'ingegner Fortunato, direttore generale di Aipo, ha ripetuto che la situazione di criticità del Secchia era chiara a tutti da molto tempo, sindaci e assessori compresi. Per mettere in sicurezza gli argini del fiume servivano 50 milioni di euro che però la 'politica' non ha saputo e voluto mettere a disposizione, ha detto. Credo che arrivati a questo punto sia ora di finirla con il gioco dello scaricabarile. La Regione ha delle responsabilità gravi e precise. Ha scelto di non finanziare gli interventi sul dissesto idrogeologico, e quindi anche quelli che riguardavano il Secchia, attraverso i fondi europei del P.O.R., scegliendo di destinare queste risorse verso a ltri settori. E adesso, a frittata ormai fatta, le parole dell'assessore Peri che promette interventi straordinari entro la fine dell'anno e una riforma organizzativa di Aipo sono inutili. Bisognava pensarci prima".

"Ascoltando i vertici di Aipo in Commissione sono emersi altri aspetti importanti che riguardano l'alluvione del mese scorso - aggiunge Favia -. Il primo è che abbiamo scoperto che l'agenzia non ha le risorse necessarie per provvedere alla pulizia degli alvei dei fiumi. I 18 milioni di euro che spende ogni anno bastano solo per la manutenzione delle opere idrauliche - conclude Favia - Infine c'è la questione della nutrie: per Aipo non hanno alcuna responsabilità nella rottura dell'argine, essendo degli animali semiacquatici le loro tane sono troppo in basso per provocare danni agli argini. Tutto molto chiaro. Peccato che fu proprio Aipo a parlare delle nutrie come possibile causa della rottura dell'argine, prima di virare (come sottolineato anche oggi) sulla fatalità e imprevedibilità dell'evento".

“La nutria espiatoria l’ha scampata. Oggi abbiamo capito che il tono c’entra poco o niente. In compenso, abbiamo imparato tre cose bene più rilevanti. Primo: che dal 2001 non si fanno i piani di tutela e di sicurezza. Non solo quindi non si investe in manutenzione che preveda interventi extra ordinari (a malapena si riesce a fare quella ordinaria) ma non esiste la minima prevenzione, tutela o pianificazione di una qualunque protezione del territorio da quasi vent’anni. A dircelo è stato il segretario dell’Autorità di Bacino Puma, oggi in audizione. E' un’ammissione gravissima, che rischia di passare sotto silenzio, che i piani pluriennali che avrebbero dovuto fare per legge ma che a quanto pare, non essendoci la copertura, non sono stati attuati. Evidentemente è un vizio andare a risparmio per le cose sbagliate" commenta Andrea Defranceschi, capogruppo M5S in Regione.

"Che in questa regione da quasi vent’anni non si faccia uno studio di quello di cui abbiamo bisogno affinché non si allaghino sempre le stesse zone, è un’ammissione di una gravità assoluta. Se dal 2001 questo non viene fatto, e non vengono destinate le risorse sufficienti, almeno abbiamo la decenza di non chiamarle più 'calamità naturali', 'emergenze', 'disastri': sono tutte molto note e si chiamano conseguenze. La vera emergenza sta in come (non) viene gestita la nostra sicurezza - prosegue Defranceschi - Il problema è evidentemente la mancanza di pianificazione, ma anche di destinazione di risorse, di cui qualcuno anche qui deve avere la responsabilità. A partire dal governo fino ad arrivare alla Regione. Che sono poi la stessa cosa… Un’altra cosa che abbiamo imparato, è che a oggi non è garantita la sicurezza idraulica dei nostri fiumi. Cioè, qui abbiamo il direttore dell’Aipo, Luigi Fortunato, che ci dice che non abbiamo i soldi per garantire la tutela del nostro territorio. E’ come se dicesse : arrangiatevi, preparatevi i sacchi di sabbia la prossima volta perché di più non possiamo fare. E ci ha detto di più: che il motivo per cui non vengono stanziati i fondi necessari, sono 'scelte politiche'".

"L'ultima notizia eclatante che abbiamo imparato, o meglio, che hanno imparato dirigenti e funzionari oggi, è che 'si è costruito troppo'. Finalmente qualcuno lo ammette: Fortunato, dirigente di Aipo, l’ha spiegato chiaramente: 'impatto antropico ha determinato le conseguenze che subiamo oggi'. E’ già il secondo tecnico che lo ammette: la cementificazione sta distruggendo la tenuta del terreno - continua il grillino - Abbiamo costruito troppo in riva ai fiumi, ma non solo. Perché il problema è che se noi perdiamo la permeabilità dei nostri terreni, tutto scorre via senza fermarsi da nessuna parte, raggiunge quelli che adesso non si possono più chiamare dei fiumi, rii o ruscelli: sono canali di scolo in cui tutto passa senza fermarsi. Nutria o non nutria non può essere trattenuto da nessuna parte. Di questo qualcuno dovrà rendere conto, quanto meno politicamente se non penalmente. E sarebbe quantomeno 'gentile' se qualcuno ammettesse questo errore: questa pianificazione urbanistica selvaggia che è stata fatta negli ultimi anni. Ora gli assessori parlano di 'piano straordinario di mitigazione del rischio' e di 'un radicale riassetto istituzionale di Aipo'. Di nuovo palate di milioni per correre ai ripari. Forse un euro speso nel 2001 per la progettazione, ce ne avrebbe fatti risparmiare 10 oggi in gestione dell’emergenza”.

Fonte: http://www.24emilia.com/Sezione.jsp?titolo=Alluvione%252C+Aipo%253A+%2527%2527Non+era+prevedibile+la+rottura+dell%2527argine%2527%2527&idSezione=56930

lunedì 27 gennaio 2014

Rotta del Secchia - L.Lombroso

GENNAIO 2014: "ROTTA" DEL FIUME SECCHIA E ALLUVIONE NEL MODENESE 23.01.2014
Luca Lombroso - Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari, Università di Modena e Reggio Emilia – Osservatorio Geofisico

La situazione
La situazione meteorologica responsabile delle precipitazioni alluvionali del 17-19 gennaio 2014 in Emilia è quella tipica di altri grandi eventi del passato, con la presenza di una profonda saccatura di origine nord-atlantica.
Il tutto ha preso origine il giorno 17 gennaio 2014 (dopo che già il 13-14 si erano verificate piogge abbondanti in Appennino, anche > 150 mm), con l’approfondimento della depressione atlantica “Helga” verso la Spagna e l’avvicinarsi di un esteso e intenso sistema frontale, preceduto da scirocco. Nell’ambito di tale flusso, il 18 gennaio si è formata una depressione secondaria sul Golfo di Genova, modesta ma determinante per l’Appennino, con un fronte stazionario ondulato fra Sardegna, Corsica e Pianura Padana (ramo caldo sull’Appennino): ne sono derivate intense precipitazioni piovose fin presso il crinale, a carattere convettivo e accentuate dell'interferenza con l’orografia.
Il giorno 19 gennaio sulla Spagna si è formato un altro minimo barico secondario denominato “Ilona” dal Dipartimento di Meteorologia dell’Università di Berlino, che poi si è chiuso («cut off») sulla Sardegna determinando l’ultima fase di piogge diffuse e intense. Finalmente dal 20 gennaio “Ilona” si è allontanata verso il medio Adriatico portando un'attenuazione delle precipitazioni.
17.01.2014, ore 12 UTC: nell'immagine Meteosat (canale visibile) si apprezza l'estesa copertura nuvolosa sull'Italia centro-settentrionale, prodotta dall'intenso flusso mite e umido da SSW. Forti precipitazioni si abbattono tra Liguria, alta Toscana e Appennino Tosco-Emiliano (intensità fino a circa 15 mm/h a Lagdei, alto bacino del T. Parma), mentre l'effetto-föhn rasserena i cieli su parte del versante adriatico (fonte: Eumetsat).

Le precipitazioni
Sulla pianura modenese e reggiana le piogge non sono state particolarmente abbondanti. A Modena-Osservatorio Geofisico, 22.9 mm il 19 gennaio e complessivamente nell’episodio 44.5 mm fra il 17 e il 19; finora sono 64.7 i millimetri caduti nell’intero mese, già superiori alla media mensile (33 mm nel periodo 1981-2010) ma non certo straordinarie (nel 2013 furono superiori, 84.6 mm). Inconsueto però, per la stagione, il temporale osservato nella serata di sabato 18 gennaio, con tuoni e fulmini durante un forte rovescio di pioggia, come in piena estate. Le statistiche sui temporali sono scarse e incomplete, comunque sia l'attività temporalesca è veramente inusuale in gennaio, a Modena si contano solo 9 episodi nel periodo 1876-2005.

A Reggio Emilia la nuova stazione meteorologica presso l'Università ha registrato 54.8 mm in tre giorni con un massimo di 29.7 mm il 18. Anche qui è stato osservato il temporale della sera di sabato 18 gennaio.

Se le piogge in pianura non giustificano la grande piena fluviale sviluppatasi nel Modenese, quelle dell’Appennino invece risultano particolarmente abbondanti e straordinarie, soprattutto per il periodo dell'anno. Questo a causa della configurazione sinottica, che accentua le precipitazioni sui crinali appenninici per il sollevamento orografico forzato – sul lato toscano - dei flussi perturbati meridionali, carichi di umidità raccolta nel lungo viaggio dello scirocco sopra al Mediterraneo.
In questi casi, con flusso da SSW alle quote medio-basse della troposfera, le precipitazioni più importanti riescono a spingersi anche oltre la cresta dell'Appennino, a interessare le alte valli emiliane, per poi decrescere rapidamente scendendo verso la Pianura Padana, posta sottovento al flusso umido mediterraneo. Peraltro, fattore determinante e anche questo inconsueto per gennaio, l'isoterma 0 °C elevata e la conseguente caduta di neve solo sulle cime più alte dell’Appennino Tosco-Emiliano (come all'osservatorio del Monte Cimone, 2165 m). Se le sciroccate e la pioggia in gennaio non sono un fatto nuovo, specie negli ultimi anni, in Appennino quello che colpisce è il perdurare a lungo del flusso da scirocco.

La stazione di Civago (RE) nel bacino del Secchia (Rete
ARPA EMR) ha registrato 163.6 mm il giorno 18, 396.2 mm in 3 giorni (17-19 gennaio), 536.2 mm in 7 giorni (13-19 gennaio) e ben 663 mm da inizio gennaio 2014. Tanto per dare un’idea, nell’alto bacino del Secchia è piovuto in 20 giorni quanto di norma piove a Modena in un anno!

Riepilogo delle precipitazioni del gennaio 2014 in alcune località tra pianura e Appennino Emiliano. Nel bacino del Secchia, la stazione di Civago ha rilevato 396 mm in 3 giorni, 536 in 7 giorni e 663 mm da inizio gennaio fino al giorno 19, mentre, nel bacino del T. Parma, il pluviometro di Lagdei ha raccolto rispettivamente 413, 603 e 838 mm
(fonte dati: ARPA EMR e Università di Modena e Reggio Emilia).
(1) alcune lacune
(2) probabili sottostime
 
Andamento delle precipitazioni orarie e cumulate a Lagdei (1254 m, Appennino Emiliano) dal 13 al 20 gennaio 2014: un primo episodio ha scaricato 151 mm di pioggia in meno di 24 ore tra il 13 e il 14 gennaio, contribuendo alla totale saturazione dei suoli. La successiva perturbazione giunta nel pomeriggio del giorno 16 ha dato avvio a un più lungo e importante episodio piovoso, conclusosi nelle prime ore del 20 con un ulteriore apporto di 468 mm d'acqua in 4 giorni. Il totale del periodo 13-17 gennaio ammonta a 620 mm, quantità straordinaria per la stagione e che, in concomitanza con le temperature elevate e la caduta di pioggia anziché neve sulla quasi totalità dei bacini appenninici, ha determinato le notevoli onde di piena dal T. Enza al F. Reno, ma in particolare lungo il Secchia (fonte dati: ARPA EMR).


Un primo confronto con le grandi alluvioni del passato mette in evidenza come le precipitazioni sull'alto bacino del Secchia siano paragonabili, o perfino superiori, a quelle degli eventi del novembre 1966, settembre 1972 e settembre 1973.
Ad esempio tra il 3 e 7 novembre 1966 risultano 276.2 mm a Piandelagotti, poco inferiori alla quantità caduta dal 13 al 19 gennaio 2014 (286.2 mm). A Lagdei (PR) il totale di 7 giorni nel gennaio 2014 (dal 13 al 19) è di 601 mm, mentre nel novembre 1966 la vicina di Rimagna vide cadere 341 mm, sempre in un periodo di 7 giorni (massimo in 24 ore di 150 mm il 4).
Decisamente inferiori, invece, le precipitazioni nel medio bacino e sulla pianura, dove nel 1966 gli apporti furono assai più abbondanti.

Dunque, a un primo sommario esame, le piogge di questo episodio alluvionale in Emilia risultano effettivamente straordinarie, tanto più per il mese di gennaio in cui in passato, sempre da una prima verifica, non risultano altri eventi paragonabili nel bacino del Secchia.

L’argine rotto e l’area allagata
La rottura dell’argine destro del Secchia è avvenuta poco a nord di Modena, in località San Matteo, a 200 m dal viadotto TAV e poco distante dal ponte del “Passo dell’Uccellino”. La rottura è stata riscontrata alle h 06:30 di domenica 19 gennaio da un passante, che ha dato l’allarme. Subito l’acqua ha invaso la vicina SS 12 nazionale "Canaletto" (il nome ricorda come la strada si trovi nei pressi di un antico canale). A seguire si è allagata la località Albareto di Modena, e in successione i paesi di Sorbara e Bastiglia, ma in particolare la cittadina di Bomporto (10.000 abitanti, interamente evacuati), a circa 15 km dall'argine rotto e posta non sul fiume Secchia ma sul Panaro! Quindi l’acqua ha raggiunto alcune frazioni di San Prospero di Modena e di Medolla (località già colpite dal terremoto del maggio 2012) e alcune zone di Camposanto nella giornata di lunedì 20 gennaio. Martedì 21, allagamenti hanno interessato parte di San Felice sul Panaro e di Finale Emilia, distanti oltre 30 km dal punto di rottura. L’area allagata è di oltre 400 km2 (volume d'acqua stimato in circa 20 milioni di m3), con battenti idrici fino a 1,5 – 2 m anche in aree urbane.

Qui di seguito, alcune vedute aeree della breccia sull'argine del Secchia e delle conseguenti inondazioni nella bassa pianura modenese, riprese il 20 gennaio 2014 da Roberto Ferrari (Protezione Civile Modena e Aeroclub di Marzaglia).
 
Modena - San Matteo, la rottura dell'argine destro del Secchia
(f. R. Ferrari, Protezione Civile Modena - Aeroclub Marzaglia)
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La rottura dell'argine destro del Secchia
(f. R. Ferrari, Protezione Civile Modena - Aeroclub Marzaglia)
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L'area commerciale-industriale di Bomporto, cittadina di 10.000 abitanti tra le più penalizzate dall'alluvione, e interamente evacuata
(f. R. Ferrari, Protezione Civile Modena - Aeroclub Marzaglia)
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Campagne inondate tra Bomporto e Albareto
(f. R. Ferrari, Protezione Civile Modena - Aeroclub Marzaglia)
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Campagne inondate tra Bomporto e Albareto
(f. R. Ferrari, Protezione Civile Modena - Aeroclub Marzaglia)
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Inondazione dell'area golenale del Secchia a Campogalliano, presso Modena
(f. R. Ferrari, Protezione Civile Modena - Aeroclub Marzaglia)
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Elenco delle principali inondazioni dell'ultimo secolo nel Modenese, e stima degli ettari di territorio allagati dal Secchia e/o dal Panaro (fonte: Moratti & Pellegrini, Società dei naturalisti e matematici di Modena). L'episodio del gennaio 2014 (non incluso nella tabella),
 con oltre 40.000 ettari invasi, si pone come il più gravoso, ma per una stima più precisa della magnitudo dell'evento, ancora in corso, occorrerà attendere le prossime settimane.
Alluvione, cambiamenti climatici ed eventi estremi
Come sempre è difficile attribuire la causa di un singolo evento atmosferico direttamente ai cambiamenti climatici, tuttavia è indubbio che questo episodio si pone in linea con gli scenari futuri di aumento dei fenomeni estremi, inoltre in un clima invernale normale, con precipitazioni nevose per lo meno dalle quote collinari, l’alluvione non si sarebbe verificata.

D'altronde, quanto a temperature, per il momento gennaio 2014 a Modena rivaleggia con il gennaio 2007, che fu il più caldo dal 1830 con una media mensile di 7,2 °C. Gli ultimi giorni del mese dovrebbero essere più freddi, ma non tali da cambiare in modo significativo tale situazione.


FONTE:
http://www.nimbus.it/eventi/2014/140123alluvioneModenese.htm